Katinka Hosszu: fenomenologia della perseveranza

Qualche tempo fa avevamo analizzato la carriera di Katinka Hosszu in un pezzo dal titolo: “Cosa manca a Katinka Hosszu?

La risposta fu facile da trovare: niente se non il titolo olimpico. Ora che la Iron Lady ne ha vinti ben tre (più un bronzo) in quel di Rio, conditi tra l’altro da un record del mondo spaziale come quello dei 400 misti, possiamo finalmente dire che la sua carriera sia davvero completa.

Il podio dei 400 misti a Roma 2009
Kirsty Coventry (argento), Katinka Hosszu (oro), Stephanie Rice (bronzo)


Nonostante ciò, l’ungherese di ferro ha ripreso a macinare gare e chilometri come se nulla fosse successo, buttandosi a capofitto nella World Cup della quale è ormai protagonista assoluta dal 2012.

Ma quando parliamo di Katinka Hosszu, spesso ci riferiamo agli anni più recenti, in particolar modo a quelli del post Londra 2012, momento nel quale la campionessa magiara ha deciso di abbandonare la guida tecnica di Dave Salo per affidarsi all’allora fidanzato ed ora marito, il ben noto Shane Tusup.

Shane e Katinka: un binomio vincente

Spesso, però, ci dimentichiamo che la Hosszu è nata nel 1989 (un anno dopo Federica Pellegrini, per dire) e si è affacciata al nuoto internazionale già nel 2004, raggiungendo il podio agli europei di vasca corta di Vienna. Possiamo tranquillamente dire che sia una super veterana del circuito internazionale, con ben 12 anni di nuoto ad alti livelli alle spalle, proprio come la nostra Fede, anche se con una progressione di carriera diversa.

Sì perché, se trascuriamo l’oro di Roma 2009 nei 400 misti, Katinka Hosszu è saltata alla ribalta mondiale proprio dal post olimpiade di Londra 2012, prima della quale aveva raccolto solo qualche oro continentale. Di seguito trovate il medagliere internazionale in vasca lunga della nostra Iron Lady.

 


Inutile notare che la delusione olimpica del 2012, quando da lei ci si aspettava se non la vittoria (effettivamente improponibile con una Ye Shiwen dominatrice dei misti) almeno un podio, ha fatto bene alla nostra eroina. A 23 anni il cambiamento di gestione tecnica le ha dato una nuova vita: allenarsi gareggiando in giro per il mondo ha tirato fuori la campionessa che era nascosta in lei, migliorandone le prestazioni e portando le medaglie sperate.

Ancor più evidente è il cambiamento di rotta effettuato  in vasca corta: dopo il bronzo di Vienna 2004 niente fino al 2012. Da lì i podi si sono moltiplicati, così come i record del mondo e le vittorie in World Cup, che hanno fatto diventare la vasca da 25 il terreno ideale per l’espressione del talento di Katinka.

 


Magari la concorrenza in vasca corta non sarà così spietata come quella in vasca lunga, ma il crescendo di risultati della Hosszu sotto la gestione Tusup è davvero fenomenale. L’istrionico coach-manager-marito e la Iron Lady hanno trovato un modo tutto loro, e forse non replicabile, di gestire competizioni e prestazioni, facendo fruttare al massimo i cicli di lavoro e gli incassi monetari. Si può dire che il loro binomio ha aperto la strada del professionismo nel nuoto in senso stretto.

Il tutto è ancora più interessante se si considera che Katinka sta ottenendo i suoi migliori risultati proprio ora che è più vicina ai 30 che ai 20 anni, cosa alquanto inusuale nel nuoto soprattutto al femminile.

Questo, ad esempio, il suo crescendo di prestazioni nei 400 misti.



Se escludiamo l’exploit di Roma 2009, quando vinse l’oro nuotando con il costume gommato, la sua progressione è stata costante dal 2012 ad oggi, fino ai recenti e strabilianti world record in entrambe le vasche del periodo recente.



Discorso analogo va fatto per i 200 misti, gara nella quale non perde la leadership in graduatoria mondiale proprio dal 2013: un dominio totale sia in vasca da 25 che in vasca da 50.

Concludiamo quindi con un’ultima riflessione. La storia sportiva di Katinka Hosszu ci insegna che mollare non è mai la scelta giusta: Perché?




Ad un’atleta che a 15 anni sale sul podio europeo viene immediatamente affibbiato l’alone della predestinata. A quel punto c’è chi mantiene ed incrementa il proprio status mettendosi al collo altre medaglie ed altre prestazioni (vedi proprio Federica Pellegrini) e chi, invece, rimane una meteora, magari una buona atleta ma mai nell’olimpo delle grandi. 

La Hosszu non si è arresa a questa seconda opzione, ed anche quando la sua carriera non prendeva i binari desiderati (vedi Londra 2012) non ha mollato. Ha avuto il coraggio di continuare, di cambiare rotta e di rimettersi in gioco. Ed ha vinto.